martedì 23 aprile 2013

i film - Una città chiamata Bastarda



Nel 1971 furono ben otto i western diretti da registi statunitensi in Europa. Tutti abbastanza interessanti. Tramite coproduzioni che coinvolgevano vari paesi, girare in Spagna doveva essere all'epoca talmente conveniente che il cinema americano attraversava l'oceano per filmare titoli che poi di fatto non avevano nulla di europeo, come nel caso di pellicole quali Chato, Doc, Il giorno dei lunghi fucili e Io sono Valdez. Western assolutamente americani, che non rientrano, se non alla lontana, nella tipologia di film che stiamo cercando di mappare.


La sporca marmaglia di "La spina dorsale del Diavolo"

Rientrano invece perfettamente nella tipologia le altre quattro pellicole. La prima delle quali è una singolare produzione italo-americana, girata nell'allora Jugoslavia e non per una volta in Spagna, il notevole La spina dorsale del Diavolo (The Deserter) di Burt Kennedy, di cui abbiamo già scritto. In questo contesto ci limitiamo ad annotare come il film di Kennedy riproponesse quasi tutti gli elementi tipici del filone: la discendenza ancora più marcata del solito da "Quella sporca dozzina", con il pugno di uomini impegnato in una missione sucida, un nemico asserragliato in un luogo teoricamente imprendibile e lo sconfinamento in un territorio messicano dove le "normali" regole morali sembrano abolite. Del tutto eccentrico nel filone (e non solo) invece il film successivo...

1971 Una città chiamata Bastarda (A Town Called Hell)

di Robert Parrish (e Irving Lerner ) con Robert Shaw, Martin Landau, Stella Stevens, Telly Savalas, Fernando Rey, Al Lettieri, Michael Craig, Dudley Sutton, Paloma Cela, Maribel Hidalgo, Aldo Sambrell, Luis Rivera, Tito Garcia, Cris Huerta

Durante la rivoluzione, nella cittadina di Bastarda (si chiama così anche in originale, per una volta non è una trovata campata in aria dei distributori nostrani) piombano i rivoltosi che sterminano prete e borghesi del villaggio. Dieci anni dopo il paese è tiranneggiato dai rivoluzionari di un tempo capitanati da un sadico (Savalas) e il nuovo prete è uno dei due capi rivoltosi di dieci anni prima (Shaw). A bordo di un carro funebre giunge in città una bella vedova americana (Stevens) in cerca di vendetta per il marito, ucciso dal rivoluzionario Aguila, misterioso personaggio avvolto nel mito e di cui nessuno conosce l'identità. A capo di truppe regolari torna in paese anche l'altro capo dei rivoltosi di dieci anni prima (Landau), anche lui alla ricerca di Aguila. In un clima sempre più esasperato a base di uccisioni ed esecuzioni scoppierà una nuova rivolta. 

Penultimo film diretto da Parrish, un veterano di Hollywood oggi piuttosto dimenticato, ma ai tempi di grande culto soprattutto tra i critici francesi. Era al suo quarto e ultimo western, dopo che negli anni 50 aveva diretto il bellissimo Il meraviglioso paese con Robert Mitchum, in cui aveva già messo in scena un Messico violento e turbolento (per quanto un posto ameno e di tutto riposo se messo in confronto al Messico lugubre e funereo di "Una città chiamata Bastarda"). Negli anni 60 si era specializzato in coproduzioni europee poco considerate e di altalenante riuscita, tra le quali spiccano però almeno due titoli che andrebbero decisamente riscoperti: la colorata fantascienza pop di Doppia immagine nello spazio e il film qui presente. Che è uno di quei film in cui gli autori sembrano avercela messa tutta per creare un prodotto che piacesse a meno gente possibile. Troppo malato e artistoide per soddisfare il grande pubblico, troppo fuori dagli schemi per gli appassionati del genere, troppo strampalato e sensazionalistico per compiacere la critica più severa. Ed è anche il classico caso film "maledetto", quindi mal distribuito, circolante in versioni variamente tagliate e compromesso dagli interventi della produzione. Insomma un titolo perfetto per incontrare i favori di questo blog.



Tutto ambientato all'interno o negli immediati dintorni delle mura di un paesino messicano è un affascinante e onirico western rivoluzionario, che colpisce per gli insoliti squarci visionari, per i momenti di sogghignante crudeltà e soprattutto per l'atmosfera morbosa e irreale che si respira dall'inizio alla fine. La storia potrebbe essere letta come una specie di "Aspettando Godot" con i morti ammazzati durante l'attesa. La vicenda è punteggiata da sogni indecifrabili e flashback che non spiegano nulla, ma anzi spesso complicano ancora di più la trama. Ermetica e senza spiegazione soprattutto la presenza di due personaggi muti e misteriosi: l'inquietante e cadaverico killer che accompagna la vedova sul carro funebre, esplicitamente definito uno spettro nei credits del film, e la bellissima donna che vive nella stanza del prete, che forse rappresenta il diavolo, forse la morte o chissà che altro.

Il clima surreale del film si tiene lontano dalle tentazioni psichedeliche e sperimentali di altre pellicole dell'epoca (facile citare Matalo!), ma si rifà piuttosto allo stile freddo e distaccato dalle pellicole di Buñuel, dove anche le cose più improbabili e assurde venivano raccontate con un tono impassibile e straniante. Di marca surrealista è sicuramente l'impietoso distacco e il sottofondo di acre sarcasmo con cui vengono mostrate le numerose scene di violenza, un bel campionario di omicidi a sangue freddo, fucilazioni e impiccagioni. Non mancano neppure i simboli religiosi mostrati in chiave incongrua e blasfema, come l'angioletto di pietra che il personaggio di Robert Shaw restaura e accudisce per tutto il film o il cadavere di Telly Savalas esposto in una posa che ricorda il martirio di San Sebastiano. Alcune sequenze richiamano inoltre alcuni episodi della Guerra Civile spagnola. L'inizio nella chiesa, con i rivoluzionari che uccidono i notabili del paese e poi fucilano simbolicamente l'altare, rimanda ad azioni realmente compiute dai partigiani anarchici.

La trama, complicata e oscura, rispetta poche regole del classico racconto avventuroso. Quello che dovrebbe essere il protagonista resta in disparte e inerte per gran parte del film, personaggi che sembrano centrali vengono uccisi in maniera spiazzante e inaspettata, mentre alcune sequenze chiave non vengono neanche mostrate (ma questo lo scriviamo con il beneficio del dubbio, dato che come dicevamo del film circolano versioni variamente sforbiciate).



I difetti del film sono intuibilmente figli delle sue ambizioni. Per quanto inventive, regia e sceneggiatura non possiedono abbastanza lucidità e compostezza per controllare tutti i loro simbolismi. Alcune allegorie finiscono quindi per essere un po' facili, come il retorico metaforone finale in cui si scopre che il leggendario condottiero che tutti stanno cercando non sarebbe una persona concerta, ma una personalità che di volta in volta si incarna e rinasce nel paladino rivoluzionario di turno. Altrove si rischia di esagerare in bizzarrie fine a se stesse, come nel delirante flashback in cui della gente balla in un saloon americano al ritmo di un'anacronistica hit rockabilly del 1959, The Battle Of New Orleans di Johnny Horton, sequenza non a caso sforbiciata in diverse versioni.  

Da lustrarsi gli occhi il cast. Robert Shaw è fin troppo serioso e pecca in qualche uscita eccessivamente teatrale, ma è affascinante e torvo al punto giusto.
Anche se veniva da una lunga fila di apparizioni in decine di telefilm western, il sempre ottimo Martin Landau non sembra avere una faccia troppo adatta per il genere, ma in un film tanto inconsueto ci può stare tranquillamente un villain con un'aria diversa dal solito come la sua.
Chi sembrava invece nato per fare film di questo tipo è Telly Savalas, al solito poderoso nel miscelare ironia sorniona e sadismo. Da antologia la sequenza in cui, serafico, fa impiccare una coppia di coniugi assassini e per buon conto fa ammazzare anche la madre di lei che si lamenta. Dopo che il suo personaggio esce di scena il film perde qualcosa.
Presenza quasi fissa in questi western euro-americani, Fernando Rey contribuisce ad accentuare l'aria buñueliana del film, dato che era uno degli attori feticcio del grande regista spagnolo. Stavolta fa un cieco, paradossale testimone in grado di svelare il segreto che tutti vogliono scoprire.
Stella Stevens, nota per la parte della vitale prostituta in La ballata di Cable Hogue di Peckinpah, stavolta non si spoglia, fa la dama in nero con tendenze necrofile, ma riesce ad essere comunque molto sexi.
Infine il cast secondario è tutto un fiorire di faccioni dei caratteristi più tipici degli spaghetti western, come Aldo Sambrell, Luis Rivera, Tito Garcia, Cris Huerta. Unica invece nel genere la presenza di Al Lettieri, qui al primo dei suoi due soli western per il cinema. Il secondo sarà tutto americano, anche se inizialmente doveva essere un'altra coproduzione girata in Almeria, La rossa ombra di Riata.  

Grande merito nella creazione dell'atmosfera tesa e allucinata che attraversa tutto il film va alla splendida colonna sonora, creativa e suggestiva, del compositore argentino Waldo de los Rios.

1 commento:

  1. Visto un’unica volta moltissimi anni fa, ricordo che mi spiazzò molto, anche perché ero convinto di assistere a un tipico western americano e invece trovai un film molto “spaghettoso”, nel senso di pieno di crudeltà variamente assortite e di caterve di morti ammazzati.

    Molto curioso, in effetti, il fatto che negli anni settanta le produzioni americane venissero a girare i loro western in Almeria: se per film come “Il giorno dei lunghi fucili”, “Chato” o “La Texana e i fratelli Penitenza” la cosa è spiegabile con il fatto di essere di produzione soprattutto inglese (i western inglesi, infatti, di norma venivano girati in Spagna) più sorprendente è il caso di film interamente americani come “Doc” o “Io sono Valdez”. Probabilmente in quegli anni girare in Spagna era talmente economico da rendere conveniente anche una trasferta transoceanica oppure magari il regime di Franco offriva particolari agevolazioni alle produzioni straniere. In ogni caso è la riprova di quella che fu una fiorentissima industria cinematografica, con set, location e maestranze all'altezza di quelle statunitensi, ora purtroppo scomparsa per sempre…

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